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Il cinema come presupposto e come fine, come immagine e coinè linguaggio, verità e fantasticheria, testimonianza e certezza, menzogna e sortilegio. Ma anche il linguaggio cinematografico come forma di conoscenza intuitiva che spiega il mondo e ne viene a sua volta spiegato. Luogo in cui il tempo si restringe e lo spazio si dilata, dove diviene possibile rispecchiarsi per riconoscere il proprio vero aspetto. Riccardo D'Anna compone, per intermezzi e frammenti, una sua personalissima "autobiografia di spettatore", dentro una prospettiva in cui, a libro chiuso, i film visti e le persone che ci hanno accompagnato, Roma e le sale cinematografiche un tempo frequentate, e ormai in via d'estinzione, formano un miniromanzo urbano su una città che esiste solo nei sogni.